Notizie: Convegni e Corsi

Sistema di misurazione della Performance nelle università statali - 10 giugno 2024

SISTEMA DI MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLE UNIVERSITÀ STATALI: STRUMENTI DI CONTROLLO DIREZIONALE E CREAZIONE DEL VALORE PUBBLICO

10 GIUGNO 2024
AULA MAGNA - UNIVERSITÀ DI ROMA “SAPIENZA”

Intervento di A. Scuttari Presidente CODAU

Visto che la performance l’abbiamo inventata in università vorrei parlare di ciò che la sostiene.
Il “purpose”, lo scopo, rappresenta, ormai, un concetto chiave nell'ambito della business community. «È diventato un tema popolare - si leggeva qualche tempo fa sulla Harvard Business Review”. Il problema è che non tutte le finalità sono uguali e che non basta avere uno scopo per essere in grado di generare senso.
Il mito di Sisifo - il più astuto degli uomini, come lo definisce Omero - è noto: per punire la sua arroganza che lo aveva portato a sfidare gli dei, Zeus condannò Sisifo a portare un grande masso sulla cima di un monte, ma ogni volta che avrebbe raggiunto la cima il masso sarebbe rotolato nuovamente a valle e Sisifo avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo e questo, ancora e ancora, per l'eternità. La punizione era terribile non tanto per la fatica che implicava, ma, ancora di più, per l'inutilità dell'azione stessa. «Non esiste punizione più terribile del lavoro inutile e senza speranza», chiosa, a proposito, Albert Camus

E, infatti, se Sisifo dovesse portare in cima al monte una pietra piccola e leggera la questione non cambierebbe di molto. È la coscienza dell'inutilità dell'opera, la radice del tormento che gli dei decisero di infliggergli.
Proviamo, ora, a chiederci, come fa Richard Taylor (ma anche Vasco Rossi), cosa succederebbe se Sisifo, improvvisamente, scoprisse che la sua pena, in effetti, “un fine ce l'ha”. Se, per esempio, la pietra che da tempo immemore fa rotolare lungo la spalla del monte, una volta portata in cima serve per la costruzione di un tempio sacro? Questa finalità cambierebbe la natura dell'esistenza di Sisifo? In realtà, neanche di una virgola se lui non ci crede e non lo vuole.

Non è dunque solo la finalità, il “purpose”, che crea il senso. Ci dev'essere di più. Ci dev'essere, in particolare, la necessità che la volontà individuale aderisca alla finalità. Occorre un'”apprensione”, direbbe John Henry Newman, un accoglimento tattile, manuale, fisico. Senza questa dimensione non può esserci finalità (e performance) che tenga.
La finalità senza l'adesione genuina può assicurarci una funzione, un ruolo, ma non, certamente, un senso. Declinare il “purpose” non è sufficiente, non risolve, di per sé, il problema della motivazione dei dipendenti. Occorre che tale finalità venga fatta propria; occorre l'apprensione. Ma questa dev'essere genuina. Sapere che il proprio lavoro, nonostante la fatica che implica, contribuisce al raggiungimento di un risultato desiderato è una grande fonte di motivazione. Ma scoprire che il desiderio di raggiungere tale risultato è artificiale e frutto di una qualche forma di sottile persuasione, invece, annichilisce qualunque movimento generatore di senso.

Ecco il dilemma che molte grandi organizzazioni, oggi, sono chiamate ad affrontare.
Non c‘è futilità, né inutilità nel lavoro inutile di ciascuno di noi, se fatto per volerlo fare. Ma le nostre comunità, invece, hanno bisogno di organizzazioni capaci di generare senso, di lavori utili, di organizzazioni capaci di richiedere, rispettare e di valorizzare il meglio che c'è in ognuno di noi.
Qui si palesa, chiaramente, il paradosso dei sistemi di misurazione e valutazione della performance, che sono strumenti necessari ma inutili, se non nella collaborazione alla realizzazione di organizzazioni capaci di generare un senso.
Come conclude Camus: «Bisogna immaginare Sisifo felice».

Sintesi dei lavori - SLIDE


Copyright © 2024 CODAU - tutti i diritti riservati